lunedì 24 dicembre 2018

Andrea Peruzzi

Andrea Peruzzi era un bambino a dir poco disobbediente. Non ascoltava mai i buoni consigli, a scuola era piuttosto svogliato e, quando ne aveva l’occasione, si divertiva a tormentare il gatto del vicino facendo scoppiare grossi petardi accanto alla cesta in cui riposava. Andrea Peruzzi era infatti un bambino talmente disobbediente che non si stancava mai di disobbedire, nemmeno durante le feste e, particolarmente, a Natale.

venerdì 14 dicembre 2018

Il Mercante di Perle

C’era una volta un mercante molto ricco. Era così ricco che le porte del palazzo nel quale abitava erano completamente d’oro e i pavimenti ricoperti di pietre preziose. Aveva più di cento servitori che si occupavano di soddisfare tutti i suoi bisogni e la sua tavola era sempre imbandita con cibi e frutti raffinati e rallegrata dalla presenza di molti amici.
Il mercante era a dir vero molto felice. Vestiva sempre con abiti eleganti le cui stoffe erano abbellite da magnifici ricami e dormiva lunghe notti su morbidi materassi di piume d’oca che lo cullavano in dolci sogni. Amava inoltre trascorrere pigramente le ore del pomeriggio rimirando e contando le sue preziose perle che custodiva in grandi forzieri e al cui fruttuoso commercio doveva la propria ricchezza. Erano invero perle molto belle e lucenti, di ogni colore e taglia che il mercante aveva acquistato nei suoi numerosi viaggi.

mercoledì 31 ottobre 2018

A. Smith


1.
Quando il signor  A. Smith acquistò la fabbrica di Babbo Natale rimasero tutti a bocca spalancata. La notizia fece rapidamente il giro del mondo, occupando le prime pagine dei giornali e diventando l’argomento di punta di ogni notiziario e talk show.
La settimana successiva gli scaffali dei supermarket si riempirono di fantastici giocattoli. C'erano palloni, bambole che sorseggiavano tè e robot che facevano i compiti. C'erano matite, computer sofisticati e pattini a rotelle con la retromarcia. In poco tempo il signor Smith raddoppiò il suo capitale, fu premiato dal presidente degli Stati Uniti e la regina d’Inghilterra lo nominò baronetto. Una nota università italiana gli conferì anche una laurea. 
Il signor Smith, ovviamente, non si presentò da nessuna parte.
“Il tempo è denaro” diceva, e lui non amava certo gli sprechi.

lunedì 24 settembre 2018

Matteo Otis


Matteo Otis, mago di seconda classe, sistemò gli occhiali sul naso e controllò l’insegna del parco. Era una vecchia targa di latta, scolorita dalle intemperie. Poiché il nome del parco era esatto, Matteo Otis ripose il taccuino nella valigetta ventiquattrore e tirò fuori una lunga chiave d’argento.
Il cancello del parco era chiuso a quell’ora di notte. Antiche inferriate in parte arrugginite ne circondavano l’intero perimetro alternandosi ai muri delle case attigue. I lunghi rami degli alberi sporgevano attraverso le sbarre come tante dita ossute e pallide.
Matteo Otis inserì la chiave nella serratura e la girò tre volte e mezzo in senso antiorario. Il cancello si aprì, gemendo sui vecchi cardini. I lampioni della strada illuminarono un vialetto coperto di ciottoli e foglie morte che s’inoltrava all’interno del parco perdendosi nell’oscurità.

mercoledì 1 agosto 2018

Antonio Pavesi


Antonio Pavesi aveva quasi duecento anni e neppure una ruga. A chi lo guardava passeggiare per la campagna, all’imbrunire, poteva sembrare un uomo qualunque. Solo un acuto osservatore avrebbe notato nel suo aspetto i tratti tipici del vampiro affamato: la carnagione esangue che trapelava da sotto il loden abbottonato, le venature scarlatte nei bulbi oculari che roteavano rapidi, l’incedere felpato tipico del predatore.
La palazzina in cui abitava Antonio Pavesi era molto antica, aveva un’ampia porta d’ingresso che si apriva su un vialetto alberato e una piccola torre dalla quale si vedevano le colline circostanti. La cantina invece era buia e ingombra di botti piene di sangue. Quella scorta permetteva al vampiro di sopravvivere nei momenti di magra, in quelle notti tristi e buie in cui nessuno osava avventurarsi per la campagna disabitata.

sabato 21 luglio 2018

Il Barone Antinori


Un gatto nero spiava fuori dalla finestra il parco circostante. La luna brillava tonda in cielo. Il suo chiarore penetrava dai vetri piombati e illuminava un salotto ben arredato, con divani alla moda di Luigi XIV e un gran camino. Sopra il camino era stato appeso il ritratto di un gentiluomo distinto, dai folti baffi. Altri dipinti decoravano le pareti insieme ad antiche maioliche e tendaggi pieni di polvere e dall’aria dimessa. Un grande lampadario pendeva dal soffitto con le sue lampade tutte fulminate e i cristalli un po’ sporchi che luccicavano alla luna. Solo un angolo del salotto rimaneva in ombra.
Nell’angolo più buio della stanza, il barone Antinori sedeva in poltrona. Gli occhi fissi e iniettati di sangue, il naso sporgente come la vela di una nave, rifletteva. La sua antica magione, con l’acclusa tenuta di famiglia, era stata venduta all’asta per pochi spicci e lui non aveva potuto impedirlo. Ufficialmente il barone Antinori era morto da diversi lustri. Nessuno però sapeva che il gentiluomo, nato il 17 marzo 1861 mentre l’Italia festeggiava la sospirata unità, era ancora vivo e vegeto. Anche se, nel suo particolare caso, non si poteva parlare propriamente di vita. Il barone Antinori infatti era un vampiro.