mercoledì 31 ottobre 2018

A. Smith


1.
Quando il signor  A. Smith acquistò la fabbrica di Babbo Natale rimasero tutti a bocca spalancata. La notizia fece rapidamente il giro del mondo, occupando le prime pagine dei giornali e diventando l’argomento di punta di ogni notiziario e talk show.
La settimana successiva gli scaffali dei supermarket si riempirono di fantastici giocattoli. C'erano palloni, bambole che sorseggiavano tè e robot che facevano i compiti. C'erano matite, computer sofisticati e pattini a rotelle con la retromarcia. In poco tempo il signor Smith raddoppiò il suo capitale, fu premiato dal presidente degli Stati Uniti e la regina d’Inghilterra lo nominò baronetto. Una nota università italiana gli conferì anche una laurea. 
Il signor Smith, ovviamente, non si presentò da nessuna parte.
“Il tempo è denaro” diceva, e lui non amava certo gli sprechi.


2.
Oltre a essere ricco, il signor Smith era anche estremamente tirchio. Vestiva sempre con abiti di seconda mano e, per risparmiare, impiegava la stessa bustina di tè almeno sette volte. Non aveva la luce elettrica, utilizzava ancora le candele e, se proprio doveva leggere, preferiva di gran lunga la pagina finanziaria di qualche quotidiano trovato per terra. Da abile uomo d’affari, era riuscito ad acquistare la fabbrica di Babbo Natale, suscitando non pochi sospetti e lasciando tutti di stucco.
La triste notizia della morte di Babbo Natale era trapelata solo in seguito. Secondo alcuni, la soffiata al signor Smith l’aveva fatta il becchino del cimitero, che gli doveva parecchi soldi. Altri invece sospettavano il vecchio avaro di aver architettato l’intera faccenda, viste anche le particolari circostanze del caso. Babbo Natale infatti era stato ritrovato in un camino, col volto deformato da una terribile smorfia e i regali ancora stretti tra le mani, morto asfissiato.
Fatto sta che il signor Smith aveva pagato la fabbrica solo pochi spicci, riuscendo poi a far fruttare l’investimento in modo sorprendente. Non erano mancate certo le proteste. Alcune bambole si erano rifiutate a più riprese di entrare nelle loro scatole e una flotta di vascelli pirata aveva messo sottosopra un supermarket di Londra, bombardando i clienti con proiettili di plastica. A Firenze, durante i saldi, un orsetto di pezza aveva ingoiato il commesso di un negozio ed era stato necessario chiamare un sarto molto abile, che aveva tirato fuori il poveretto disfacendo pian piano le cuciture.
Nonostante ciò, gli affari andavano benone e il signor Smith si preparava a trascorrere un felice Natale, passando il tempo a far di conto e sorseggiando il suo insipido tè.
Ma si sbagliava.

3.
La vigilia di Natale, il signor Smith salì come d’abitudine nel suo studio. La scala di legno scricchiolò tristemente sotto di lui e le ombre disegnarono sulle pareti strane figure, dimenandosi alla luce della candela che reggeva in mano. 
Seduto alla scrivania, il vecchio avaro controllò e ricontrollò tutti i registri, sfogliando le grosse pagine ingiallite e aggiungendo qualche nota a margine. Era ormai notte fonda quando fu distratto da un leggero rintronar di campanelli che sembrava scendere dal tetto. Spiò dalla finestra, ma non vide niente a parte la neve che cadeva fitta. Sentì invece camminare per tutta la casa, e si spaventò. Accese un’altra candela e, affacciatosi alla porta dello studio, chiese con voce tremolante:
“Chi va là?”
Ma nessuno rispose.
Spostandosi furtivamente sul pianerottolo, il signor Smith allungò la candela oltre il parapetto e guardò giù nell’ingresso. In una vetrina, alcuni angeli di porcellana gli lanciarono una cupa occhiata, bisbigliando accanto a una fila di libri polverosi. I ritratti appesi al muro lo fissarono sgranando gli occhi. Anche la grossa pendola sembrava ticchettare in modo molesto.
Il signor Smith corse in camera e si chiuse dentro. Indossò il pigiama, s’infilò sotto le coperte e rimase ad ascoltare in silenzio. Ma non udì più nulla.
“Vecchio fifone” brontolò stizzito, tirando un berretto di lana fin sopra le orecchie e addormentandosi. Si svegliò di soprassalto, nel cuore della notte, perché la pendola aveva iniziato a battere pesanti rintocchi. 
Il signor Smith sentì i piedi agitarsi in fondo al letto e il mento prudergli, mentre sprofondava in modo insolito nel materasso. Si tastò il volto e si accorse che la barba era cresciuta a dismisura. Al lume della sua candela consunta, corse allo specchio che gli restituì l’immagine di un vecchio rubicondo e grasso.
“Sono diventato Babbo Natale!” urlò sconcertato l’avaro. E non a torto. Aveva le gote paffute, la barba lunga e bianca, e una grossa pancia spuntava da sotto il pigiama di lana rossa. Il buffo berretto da notte gli ricadeva sui capelli folti e lucenti. Anche il suo grugno arcigno era scomparso. La bocca, per quanto cercasse di tenerla ferma, continuava a sorridergli gentilmente e  l’occhio sinistro non smetteva di ammiccare, con insolita benevolenza. 
Il signor Smith fece appena in tempo a infilarsi un paio di vecchie pantofole, che le gambe lo trascinarono lungo il pianerottolo, su per una ripida scala a chiocciola  e poi sul tetto.Qui notò con gran disappunto che era stata parcheggiata una slitta. Dodici renne scalpitavano irrequiete, completamente bardate.
 “Aiuto!” gridò disperato, ma nessuno poteva sentirlo. Era la notte di Natale e tutti dormivano profondamente. Mentre la slitta decollava con a bordo l’avaro, la luna brillò per un attimo nel cielo come una grossa moneta, poi le nubi la nascosero di nuovo.

4.
La slitta sfrecciò per il cielo durante tutta la notte. I campanelli tintinnavano eccitati e gli zoccoli pestavano l'aria fredda. Le renne sbuffavano, correndo a più non posso sopra i tetti delle case.
A malincuore il signor Smith fu costretto a distribuire tutti i suoi preziosi giocattoli. In una casa trascinò giù per il camino un grosso abete carico di luci e addobbi. In un’altra invece rimboccò, un po’ imbarazzato, le coperte di un bimbo addormentato. Mentre la slitta passava sugli alberi di un parco, un nugolo di passerotti infreddoliti si alzò in volo cinguettando e l’avaro lasciò cadere, senza volerlo, un grosso sacco pieno di granaglie.
“Che mi sta capitando?” si domandò tristemente.
Tutt’attorno la neve continuava a scendere fitta, brillando alla luce dei lampioni e davanti alle vetrine illuminate, e imbiancava le strade, gli alberi e le auto parcheggiate. Il signor Smith si sporse dalla slitta e il vento fece ondeggiare il suo berretto come una lunga lingua rossa.
 “Auguri!” sentì allora gridare la propria bocca senza che le avesse dato il permesso, mentre le braccia si agitavano allegre per salutare la miriade di luci che brillava in basso. Con un grosso sospiro, il signor Smith guardò i tetti coperti di neve e due piccole lacrime scesero lungo le sue guance ruvide.
La slitta planò e scomparve, lasciando dietro una scia di luce vaporosa.
Il cielo pian piano si diradò. Il vento smise di soffiare. Il sole si affacciò all’orizzonte e distese i lunghi raggi sul mondo.
Era Natale.

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